venerdì 28 novembre 2014

FRANCIA, TROVATI I “CERVELLI IN FUGA”


Un quarto dei medici che lavora in Francia è straniero. Saranno finiti proprio lì, dunque, molti dei cosiddetti “cervelli in fuga”? Secondo il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Medici, parrebbe proprio di sì. Ieri, infatti, il Consiglio francese ha pubblicato uno studio sui flussi migratori dei professionisti della sanità con un titolo estero che rappresentano l’8,2% dei 276.354 medici iscritti all’Ordine dal primo gennaio di quest’anno. In totale, l’Ordine ha identificato 22.568 medici in possesso di un diploma conseguito fuori dalla Francia o, addirittura, fuori dall’Europa. Di questi professionisti, 19.044 esercita regolarmente.

La caduta delle frontiere professionali e lavorative è stata resa possibile grazie a una direttiva europea, emanata nel 2005, che ha istituito il riconoscimento automatico dei titoli conseguiti nei Paesi dell’Unione.

Un esempio per tutti è quello della Romania, entrata dal primo gennaio 2007 nell’Unione Europea. Proprio i medici rumeni rappresentano in Francia il 40,9% dei professionisti che esercitano grazie a una laurea conseguita nel Paese di origine. Questa percentuale, a detta dell’Ordine dei medici, aumenterebbe nel 2020 portando il numero di dottori di medicina generale nati in Romania che, allo stato attuale, ammonta a 840 unità a oltre 2700.

Secondo Patrick Romestaing, vicepresidente dell’Ordine, i dati emersi da questo studio dovrebbero avviare un dibattito nell’Unione Europea sulle conseguenze di tale migrazione e dovrebbero, anche, condurre a una riflessione etica. A suo parere, le risorse umane delle aziende sanitarie di alcuni Paesi scarseggiano perché i propri medici si trasferiscono in Francia.  

A stabilirsi nelle aree già considerate “ad alta densità medica”, come l’Ile-de-France, Rhône-Alpes, Provenza e Costa Azzurra, sono i medici formati all’estero che esercitano grazie a delle licenze rilasciate da apposite commissioni universitarie. Di questi professionisti, è dipendente da strutture sanitarie il 62,4%. I medici con un diploma francese ammontano solo al 43,6%.

A conti fatti, non si può dire, dunque, che il sistema sanitario francese apra le sue porte solo a chi vanta lauree con il timbro “Made in France”. Ma un dubbio sovviene: in Francia saranno, forse, pochi quelli che sognano il “camice bianco”? Un altro studio all’Ordine dei medici si potrebbe suggerire. Basterebbero soltanto i medici di madrelingua francese per tutte le strutture ospedaliere disseminate nel territorio? Ai pazienti “l’ardua sentenza”.
(Foto fonte: lemonde.fr)

venerdì 7 novembre 2014

TRANSNISTRIA, LA TERRA CHE NON È DI NESSUNO


Attenzione a coloro che si credono imbattibili in geografia perché esiste uno Stato che metterebbe in imbarazzo anche i più “secchioni” in materia di nazioni, capitali, fiumi e città. Si tratta della Transnistria, regione della Repubblica di Moldavia autoproclamatasi, il 2 settembre del 1990, Stato indipendente senza il riconoscimento dei Paesi membri dell’ONU.
Il territorio, governato da un'amministrazione autonoma con sede nella città di Tiraspol, è sotto la tutela russa. Quella che si definisce Repubblica Moldava di Pridnestrov’ye e corrisponde alla striscia di terra schiacciata tra la Moldavia e l'Ucraina è, infatti, un regime autoritario che sopravvive grazie all'aiuto di Mosca.
La peculiarità di questo Stato è di rappresentare, talvolta, una zona franca proprio perché non legalmente riconosciuto. Ciò fa gola, spesso, a chi s’ingegna in azioni illecite. La giustizia è, dunque, arbitraria proprio perché le autorità non sono riconosciute a livello giuridico. Sono tante, infatti, le persone incarcerate ingiustamente che non si possono neppure appellare a una legge riconosciuta come tale.
Pubblicato dalla statunitense Freedom House, il rapporto Freedom in the World del 2007 descrive la Transnistria come un territorio “non-libero”. In materia di diritti umani la Regione è stata duramente criticata da molte organizzazioni internazionali che hanno denunciato la situazione minacciosa per i diritti politici e le libertà civili dei suoi 500mila abitanti.
Difficile trovare un lavoro nel territorio rivendicato dalla Moldavia. Chi non è arruolato in polizia o non esercita attività nell’amministrazione pubblica, spesso è costretto a varcare il confine. Per farlo però occorre essere piuttosto “diplomatici”. Kiev, ad esempio, ha vietato l'ingresso sul proprio territorio di tutti i cittadini uomini della Transnistria in possesso di un passaporto russo. Così un giovane autista di taxi racconta di essersi munito di vari passaporti. Tra i tanti, si è procurato il passaporto moldavo, fondamentale per il lasciapassare delle autorità ucraine. A seconda, infatti, del confine da attraversare, molti transnistriani hanno, oltre a quello della repubblica secessionista, passaporti moldavi, russi, ucraini. L’ostruzionismo non viene esercitato solo sulle persone ma anche sulle merci. I prodotti transnistriani devono ottenere un certificato doganale moldavo per essere inviati all'estero. E così, sdraiata sulle rive del fiume Nistro, a poche ore di treno da Odessa e da Chişinău, si tracciano i contorni sfocati di una terra che, nonostante il mancato riconoscimento internazionale, non vuole essere di nessuno, ma rivendica la sua indipendenza e sovranità. Alla faccia del Cremlino e della vicina Moldavia.
 
(Fonti: balcanicaucaso.org / estrattiweb.com)